Aprirsi allo stato meditativo
La meditazione non è qualcosa che si fa, è qualcosa che accade. Noi possiamo solo compiere dei passi in modo raggiungere lo stato meditativo. Il primo passo da compiere è sospendere il continuo fare per aprirsi all’Essere. Siamo sempre nel fare, nell’agire e non abbiamo mai tempo di Essere semplicemente. Siamo sempre fuori di noi e non abbiamo mai tempo per fermarci per ritornare a casa e ascoltare cosa si anima dentro di noi.
La meditazione è fermarsi
Abbiamo bisogno di fermarci. Abbiamo bisogno di “sostare” abbastanza a lungo perché il chiacchiericcio mentale rallenti in modo da poter cominciare a vedere con un po’ più di chiarezza, concedersi un tempo per aprirsi, per incontrarsi, per riconoscersi. Abbiamo bisogno di “so-stare” per imparare a stare con quello che c’è, con tutto ciò che colora il momento presente.
La meditazione è abitare il momento presente
Abitare l’attimo presente è un passaggio essenziale per la pratica meditativa, e non solo. Eppure la nostra mente non sembra quasi mai a suo agio nel momento presente e ci porta a vagare nel passato, a vivere magari nel rimpianto, nella nostalgia, nel ricordo, oppure a proiettarsi nel futuro ad essere nella fantasia, nell’immaginazione, nella preoccupazione, nell’occuparsi prima di qualcosa che forse avverrà o che forse non accadrà mai.
La meditazione ci invita a fermarci, con la pratica impariamo a sostare e abitare il momento presente. Portare attenzione al corpo e al respiro ci aiuta in questo intento.
Abitare il corpo. Incominciamo ad abitare consapevolmente il corpo, per imparare a leggere le sensazioni, dedicare loro attenzione: sono il diario di bordo che testimonia il nostro stato di equilibrio oppure di disequilibrio.
Abitare il respiro. Il respiro c’è sempre. La respirazione è come un’amica sempre disponibile. Attenzione a non chiederle l’impossibile: inutile cercare di respirare per non sentire (lo stress, la rabbia, il dolore, la paura, la tristezza …). Occorre invece respirare per non farsi travolgere. Concentrarsi sul respiro, così come si chiederebbe ad un amico di restare al nostro fianco, per affrontare una prova o una difficoltà.
Respirare è il cuore della meditazione.
Osservare i propri pensieri. La pratica ci invita a guardar passare i propri pensieri. Senza richiamare nulla, senza respingere nulla. A poco a poco, con l’allenamento, vedremo con sempre maggiore chiarezza che i nostri pensieri sono solo dei pensieri: li identifichiamo come fenomeni mentali transitori, e non più come certezze durevoli. Li vediamo apparire e spesso, se non cavalchiamo l’onda del pensiero, li vediamo dissolversi. Poi tornare. E di nuovo sparire. Farne l’esperienza diventa fondamentale perché noi sappiamo che i nostri pensieri non sono altro che pensieri ma, quando ci troviamo impegolati in mezzo a loro, questo sapere non ci serve più a nulla. Solo la pratica regolare e l’esperienza possono aiutarci a prendere le distanze contro la tirannia dello stato mentale, abituandoci a lasciare che i pensieri si dissolvano da soli.
Dare spazio alle proprie emozioni. Significa accogliere le emozioni qualunque sia la loro natura, permettendo loro semplicemente di esserci, accettandone la loro presenza, il che non significa accettarne i messaggi ma permettere a queste emozioni di esserci. E permettere a noi stessi di osservarle: quale effetto hanno sul corpo, quali pensieri inducono, che cosa ci spingono a fare. In tal modo ci troviamo non dentro l’emozione bensì nell’esperienza dell’emozione: accogliere per subire di meno.
Non essere altro che presenza
Raccogliersi per ritrovare un centro, riabitarsi, riprendere contatto con il sé. E poi spogliarsi. Spogliarsi da certi atteggiamenti psicologici, alleggerirsi dagli automatismi di pensiero, delle aspettative, dai giudizi. È essenziale maturare un’attenzione nuda priva di convinzioni, di pregiudizi, di preconcetti e, allo stesso tempo, un’attenzione non giudicante, aperta, accogliente.
Ci fermiamo, ci sediamo, chiudiamo gli occhi, e restiamo lì, nonostante il disagio, senza toccare nulla, senza modificare l’esperienza, accogliendo quello che c’è per quello che è. Ci limitiamo ad aprirci, a creare spazio ad invitare altri ospiti non restiamo soli in quel caos, ma gli permettiamo di essere lì. Respiriamo, prendiamo coscienza che respiriamo. Osserviamo tutto ciò che succede. Il caos, il fastidio e le sensazioni sgradevoli, sono sempre lì, così come i fastidi esterni che li hanno creati, solo che pian piano appaiono più piccoli, meno importanti e via via ci sentiamo più sereni. Estensione e dissoluzione, accogliamo tutto, inglobiamo tutto fino divenire quel tutto.
Meditare ci prepara lentamente a tornare da dove siamo venuti, così come l’onda si dissolverà presto nell’oceano.
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